Declino e Chiusura (1970-1990)

La crisi degli anni '70 e la fine dell’Italsider a Bagnoli

Negli anni '70, l'Italsider di Bagnoli iniziò a vivere un progressivo declino, riflesso delle più ampie difficoltà che colpirono l'intero settore siderurgico italiano. La crisi energetica globale, esplosa nel 1973, aumentò drasticamente i costi di produzione, mettendo sotto pressione le industrie ad alta intensità energetica come quella siderurgica. A ciò si aggiunsero le scelte strategiche del governo e della Finsider, che privilegiarono lo sviluppo del nuovo polo siderurgico di Taranto, a scapito del modernamento degli impianti di Bagnoli, ormai ritenuti obsoleti.

Il ridimensionamento delle attività produttive e la minaccia di chiusura dello stabilimento scatenarono intense proteste da parte dei lavoratori e dei sindacati. L'Italsider di Bagnoli, con migliaia di operai e tecnici impiegati, era non solo un pilastro dell’economia locale, ma anche un simbolo della lotta operaia per il mantenimento del lavoro e dei diritti sociali. Gli anni '70 e '80 furono segnati da numerose manifestazioni e mobilitazioni sindacali, nelle quali i lavoratori cercarono di difendere il futuro dello stabilimento e il loro posto di lavoro, opponendosi fermamente alle decisioni aziendali e governative che prevedevano la riduzione della capacità produttiva.

Nonostante gli sforzi, la crescente obsolescenza degli impianti, unita alle pressioni economiche e alle direttive comunitarie, portò alla chiusura definitiva dell'area a caldo dello stabilimento nel 1990, con l'ultima colata di acciaio. Questo evento segnò la fine di un’era per Bagnoli, privando la città di uno dei suoi più importanti poli produttivi e lasciando dietro di sé un’eredità di disoccupazione e degrado. La chiusura dell'Italsider fu un duro colpo per l'economia locale, con effetti devastanti sul tessuto sociale e urbano, segnando l'inizio di un lungo e complesso processo di deindustrializzazione e riconversione dell'area.

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